Crowdfunding journalism: due progetti per un giornalismo ‘lento’ e partecipato

Di giornalismo finanziato tramite crowdfunding si è cominciato a parlare solo nei mesi scorsi grazie a Spot.us , una start-up ideata dal 26enne David Cohn e finanziata dal Center for Media Change (340mila dollari) e sostenuta dalla Knight Foundation. L’idea di David è questa: utilizzare i social media come luogo di incontro tra giornalisti freelance e lettori, prima vengono segnalati dei temi da approfondire, poi i giornalisti propongono un progetto per un reportage  (e relativo budget necessario per realizzarlo). I lettori se ne apprezzano le finalità, possono decidere di  sostenerlo con micro-finanziamenti (mediamente 20 dollari nel caso di Spot.Us). Poi, sempre attraverso il Web, i freelance aggiornano sullo stato di avanzamento del loro lavoro.

Il sistema di raccolta fondi tramite crowdfunding è diventato famoso con la campagna elettorale di Barak Obama che ne ha fatto un uso sistematico, intelligente e, soprattutto, vincente. Poi, grazie a Cohn, l’idea è stata declinata anche sul giornalismo: 40mila dollari raccolti nei primi sei mesi. Forse non una cifra da capogiro ma abbastanza perché qualcuno – Tanja Aitamurto sull’Huffpost – parli già di effetto Obama sul giornalismo e di editoria decentralizzata.

Per molti, comunque, una boccata di ossigeno per quel giornalismo investigativo e d’inchiesta che per sopravvivere ha bisogno di indagini sul posto, ricerche d’archivio e, soprattutto, di molto tempo per farle come dio comanda. Tutta merce rara di questi tempi dove imperano le fast news e gli editori e i caporedattori chiedono ai giornalisti una produttività quotidiana legata molto più alla quantità che non alla qualità.

E in Italia? Dal 2005 esiste Produzioni dal Basso, una piattaforma no-profit e indipendente.  Qualche mese fa (novembre 2009) è stata presentata a Napoli un’altra piattaforma, in via di sviluppo, “Pulitzer” per il community funded reporting che però a differenza dell’altro progetto italiano e di quello americano, “non vuole essere un’associazione no-profit, il modello di business si basa sull’acquisizione del 10% dei ricavi finali di ciascun progetto” come tiene a precisare il suo ideatore Antonio Rossano in un video-presentazione che potete vedere qui

Tra tanti entusiasmi il crowdfunding journalism ha sollevato anche qualche dubbio. Chi storce la bocca lo fa perché perplesso sull’opportunità di far finanziare ai lettori (o alle Fondazioni, come ne caso di Spot.Us) servizi che poi finiranno comunque sui grandi quotidiani. Gli editori, così facendo, vengono sollevati dal dover rischiare soldi di tasca loro, una volta poi realizzato il reportage, se piace, potranno sempre comprarlo e pubblicarlo. Troppo comodo, sostengono gli scettici.

Lo 'stato di avanzamento' del progetto Sochi

Il tema merita una riflessione, per adesso però segnalo due progetti interessanti che si possono trovare (ed eventualmente finanziare) in rete.

Il primo e The Sochi Project , presentato dal fotografo e documentarista Rob Hornstra e dal filmaker Arnold Van Bruggen entrambi olandesi. La città di Sochi – centro turistico sul Mar Nero – ospiterà i Giochi Olimpici invernali del 2014, e per questo sta per essere radicalmente trasformata. Imponenti finanziamenti, infatti, cambieranno profondamente tutta quell’area del Caucaso nord-occidentale. Il progetto, che unirà fotografia, film e reportage vuole documentare per tutti questi anni – ovvero da oggi al 2014 – le trasformazioni e i mutamenti a cui saranno sottoposte le diverse realtà che si trovano in questa area geografica.

Il progetto Sochi è un unico per il suo approfondimento e in quanto tale è un progetto costoso – si legge nell’appello ai lettori-finanziatori che Rob e Arnold hanno pubblicato sul loro sito – Giornali e riviste olandesi non sono in grado di permettersi un progetto di tale portata. Riteniamo che sia importante che un giornalismo indipendente continui ad esistere. È per questo che lo stiamo facendo. È possibile dare il vostro contributo, diventando un donatore del progetto Sochi.

La mia seconda segnalazione è relativa a un’idea di Ted Rall, 46enne affermato (finalista al premio Pulitzer) reporter e autore di fumetti americano (è interessante notare come questo tipo di finanziamento ‘dal basso’ venga richiesto e utilizzato anche da parte di autori già affermati e non soltanto, come qualcuno potrebbe pensare,  da giovanissimi freelance sconosciuti… e la cosa, per certi versi, ha anche risvolti preoccupanti: ma se anche uno come Rall deve cercare da solo i soldi per i suoi progetti, gli editori chi finanziano?). Il progetto nasce all’interno Kickstarter, un’interessante piattaforma che utilizza il crowdfunding per finanziare idee innovative in diversi settori, non solo il giornalismo. Ted, che nel 2001 era stato inviato in Afganistan – è stato uno dei pochi reporter a rimanere sul fronte di guerra nelle province Kunduz e Takha – adesso vuole tornare in zona di guerra per documentare questa nuova fase del conflitto e documentare i cambiamenti avvenuti in questi anni. Il tutto unendo lo stile del reportage con la tecnica della graphic novel (in Italia un suo lavoro ‘Stan Trek‘ è stato pubblicato da BeccoGiallo):

Una striscia di Ted Rall

Nel novembre del 2001, The Village Voice e KFI Radio mi ha inviato in Afghanistan per raccontare l’invasione degli Stati Uniti. Il lavoro che ho realizzato ha ottenuto riconoscimenti da The Nation e Washington Post, che hanno pubblicato il mio lavoro definito “ il migliore giornalismo dall’Afghanistan da parte di un americano”. Quello che ho visto mi ha spinto ad essere  uno dei più convinti oppositori della guerra in Afghanistan. Ora mi piacerebbe tornare laggiù e colmare la lacuna di notizie andando in quelle parti del paese dove non vanno mai i reporter americani . Ci sono già degli editori pronti a pubblicare i miei racconti. Ma riviste e giornali non possono coprire le spese di viaggio perché recarsi in zona di guerra costa decine di migliaia di dollari. Questo è quello che sto cercando di fare qui.

Segnalazioni:

The Obama-Effect in Journalism: Decentralized Editorial Power (Huffington Post)

Can Crowdfunding Help Save the Journalism Business?

Is Crowdfunding the Future of Journalism? (Mashable)

Giornalismo finanziato dai lettori: nuovi esperimenti in Francia e in Italia (Lsdi)

Crowdfunding la storia di Spot.Us (istintoweb)

Rivoluzione, evoluzione o involuzione (Il Giornalaio)

Il progetto Sochi (l’Espresso)

Spot Us, le inchieste finanziate dai lettori (Apogeonline)

Due recensioni al libro di David Rall Stan Trek edito in Italia da BeccoGiallo: qui quella di Caffé Geopolitico e qui quella di Buoneletture

Spot.us brings crowdfunding to journalism

5 thoughts on “Crowdfunding journalism: due progetti per un giornalismo ‘lento’ e partecipato

  1. Pingback: Due nuovi progetti di giornalismo finanziato dai cittadini | LSDI

  2. molto interessante. dal punto di vista dei media oramai sono molte le piattaforme di “crowdsourcing” messe in piedi e credo che alcune abbiano trovato un modello di business che le mantiene in piedi grazie alla competitività economica che sono in grado di esercitare mantenendo al contempo la qualità del prodotto. Sul fronte giornalismo questo è un tema che andrebbe affrontato seriamente e velocemente visto che è oramai chiaro che il sistema tuttora vigente di produzione giornalistica non regge più né in termini economici né rispetto appunto alla “notizia”, né tantomeno all’investigazione cuore di ogni giornalismo.

  3. Pingback: IL CROWDFUNDING FA CENTRO: TED RALL TORNERÀ IN AFGHANISTAN « Senzamegafono

Lascia un commento